mercoledì 15 marzo 2006
Nella nostra società molti ragazzi non possono più contare sui racconti degli anziani: il j'accuse dello psicologo Fulvio Scaparro

IL BUCO NELLA MEMORIA

«La scuola dovrebbe essere il luogo che lega presente e passato, cronaca e storia»

Di Fulvio Scaparro

Il distacco tra vecchi e giovani comporta anche un vero e proprio buco di memoria. Molti ragazzi non possono più contare sui racconti e sulle esperienze degli anziani, testimoni di un'epoca non lontana in cui molto di ciò che oggi appare assodato e scontato era invece oggetto di dura lotta, in cui bambini e ragazzi non erano in sostanza molto diversi da quelli di oggi ma vivevano in uno scenario profondamente diverso e in condizioni materiali e morali di gran lunga differenti. La scuola dovrebbe essere il luogo nel quale questo ponte tra presente e passato, tra cronaca e storia, potrebbe essere percorso da insegnanti e allievi. Ma spesso le istituzioni educative si sottraggono a questo compito e lo studente, tornato a casa, non trova quasi mai un nonno o una nonna che possa trasmettere l'esperienza delle generazioni passate né possono troppo contare su adulti che abbiano tempo, sensibilità e voglia di affrontare queste questioni. (...) Dobbiamo tornare a colmare questo vuoto, se vogliamo avere un futuro come individui e come collettività. Dobbiamo tornare a ridare senso e dignità a tutte le età della nostra vita, dall'infanzia alla vecchiaia. L'identità ci viene da una storia. In mancanza di una storia troveremo qualche fragile identità di accatto, ci legheremo al carro delle identità altrui. La "generazione di mezzo" è il problema. I bambini e i ragazzi entreranno a farne parte, gli anziani l'hanno lasciata, ma tutti noi ci siamo sentiti dire che questa è l'età della vita in cui si vedrà ciò che veramente siamo e quanto valiamo.(...) La presenza degli anziani accanto a noi assicura un fertile scambio di risorse tra generazioni diverse. Uno scambio di buone esperienze e dunque di buoni ricordi. Da una parte una comunità che non dimentica i suoi membri più vecchi e dimostra che il rispetto è dovuto a ogni essere umano ben oltre il superamento dell'età lavorativa. Il rispetto non ha una data di scadenza e non è nemmeno una questione di forma. Ogni essere umano deve essere messo in condizione di vivere fino all'ultimo un'esistenza che abbia per lui un senso. La semplice sopravvivenza non basta. Dall'altra parte, l'anziano che non si sente "tollerato" ma che continua a far parte di una rete di relazioni in un ambiente che conosce e nel quale è vissuto per tanti anni, darà il meglio di sé, poco o tanto che sia, reagirà meglio alle infermità dell'età, metterà a disposizione della comunità non solo la propria memoria ma anche i propri sogni e i propri progetti. Già, perché tra i tanti pregiudizi che affliggono la vecchiaia c'è anche quello che ad una certa età si vivrebbe con la testa rivolta all'indietro, prigionieri dei ricordi e della nostalgia. Le cose non stanno così. E' vero che più si diventa vecchi più aumentano i distacchi, le assenze, le perdite di persone e ambienti e che tutto questo può incentivare una visione malinconica della vita, ma è anche vero che la voglia di vivere non viene meno quando ci si sente accettati, accolti, parte di una collettività. Un insegnamento prezioso per i più giovani che imparano attraverso l'esempio che la vita è degna di essere vissuta dal primo all'ultimo secondo."




leggevo questo articolo...
mi è sembrato interessante ma sopratutto mi ha messo in moto un meccanismo interiore, una sorta di filo parallelo del pensiero
Pensavo che forse il vero buco nella memoria stia nel fatto che, parlo della mia generazione e quella precedente (ho 26 anni, mia madre 55...), queste due fasce d'età hanno forse visto poco... rispetto alla precedente
Non che voglia generalizzare
mio nonno ha vissuto la seconda guerra mondiale e io l'ho studiata sui libri... ricordo che fu prorpio la mia maestra, compitino a casa, intervista ai nonni sulla guerra... a farmene parlare con lui in modo diretto per la prima volta
troppo piccola per cogliere le emozioni e farle brillare sulla mia pelle
E ora... troppe poche domande e qualche racconto sperduto quà e là...
ma io... io che avrò da raccontare? a quelli che saranno i miei figli?
cosa potrò trasmettere se questo dialogo ahimè è stato poco... parlo di interventi socio-storico-strutturali
parlo di eventi mondiali di rilevante importanza
parlo della mia realtà ovviamente
mi è capitato di pensarci a come devono aver vissuto, a quanto abbiano anche sofferto in quei momenti... e mi sembra tutto così lontano ed incredibile
e la guerra l'ho solo vista nei film o in tv
sono le paure subite ad esser più incisive, ad insegnarti il valore della vita
non la commozione di un attimo percepita dagli occhi di un bambino con in mano il fucile
e ora... c'è qualcuno che stringe un'arma in mano, qualcuno che piange e dispera, qualche uomo lontano dalla famiglia, donne a sperare
ancora come allora
in realtà diverse e lontane dalla nostra...

i nonni... sono la virtù, sono la nostra risorsa incontenibile di saggezza
amo i miei
amo quegli occhi vissuti di un vecchio, la schiena ricurva sui ricordi e quella sana vitalità, quel loro saper ancora vivere senza aspettarsi niente, quel loro mondo passato ancora puro e da coltivare... che ora non c'è più
facciamone tesoro




l'amore di un soldato

lividi negli occhi, povero soldato
con la polvere sulle mani, senza terra
cerchi un pò di fratellanza nel tuo passato
sei da solo anche con chi combatte la tua guerra
nulla puoi fare se non che distruggere
eppure al di là del fronte non ce l'hanno con te
quante famiglie come la tua che vedi ardere
sotto la tua arma che decide la loro sorte
non è ciò che vuoi ma è legge da rispettare
allora spari, ammazzi, mettendo da parte il cuore
ma quando è sera ricominci a pregare
che tutto finisca, che scompaia questo orrore
una lacrima sul foglio delle tue memorie
per quel bimbo che vorresti aiutare a crescere
la musica di lei contro il rimbombo delle sparatorie
il ricordo riscalda l'infelicità di questo vivere
spegni il lume e il buio ti accarezza senza più farti paura
non sei chi eri, quanto di te è cambiato
il timore del ritorno, se ci sarà, dopo questa avventura
di non ritrovare tutto come l'avevi lasciato
quanti pensieri, anche inutili, confondono la tua mente
forse è meglio annientarli e cercare di sopravvivere
ma la distrazione si paga, è troppo tardi, un urlo struggente
spegne la tua luce, la musica, le lacrime e le tue preghiere

-avril-



1 commenti:

hariseldom at: 16 febbraio 2008 alle ore 04:39 ha detto...

tu disegni cultura Keishia, la disegni nelle riflessioni importanti che fai. Questo è solo un blog e forse questo articolo lungo lo ho letto solo io, non conto molto ma imparo tante cose da te. I tuoi nonni sono fortunati ad avere te. Loro sono la tua memoria, tu il loro futuro

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