Non erano le mie mani
ma tempo inevaso
sotto un'altra vernice
il colpo che ha voltato
il mio sguardo
altrove nei sentieri,
poi quei sassi
sull'erta china
e guglie di strazio
in lingue di ghiaccio
rivendicavano
ancora il mio nome
e di palmi e spine,
di chiodi nei quadri
appesi alle ferite
-ho sfiatato il vento-
Non erano le mie mani
ma dita di pietra
a reggermi il mento,
con l'ira negli occhi
per arrivare all'angolo
dov'eri rimasto.
E' acrolito immobile
il volto di peltro
di un destino avverso
e mesta mi arrendo
al chiodo che mi serra
nei forzieri della mente,
non è campo di dune
ma guerra al tramonto
che espianta le radici
-di un amore nel cemento-